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VENERE E IL DESIDERIO

Il desiderio umano prende spesso delle strade contorte e paradossali. Se, per effetto del linguaggio, l’esperienza dell’erotismo è slegata dall’istinto, l’uomo come può accedere al desiderio e alla sua soddisfazione?


La Psicoanalisi nasce proprio analizzando gli inciampi del desiderio e i sintomi che mettono in luce le dinamiche che ne ostacolano l’espressione. Possiamo dire infatti che la nevrosi si fondi proprio sul conflitto tra le istanze del desiderio, considerate inaccettabili e perturbanti, e quelle della Civiltà, che vorrebbero “irreggimentare” l’esperienza dell’uomo in codici, regole e consuetudini.


La psicoanalisi ha posto grande attenzione al ruolo della pulsione come veicolo, come spinta che anima il desiderio: il desiderio ha un’origine, un oggetto, una meta e cerca la propria soddisfazione. Questa soddisfazione può avvenire in molti modi diversi per lo stesso desiderio: la pulsione è infatti capace di una grande plasticità!


In questo la pulsione si distingue dal bisogno: ad esempio, se il desiderio erotico può essere appagato in molti modi, il bisogno di dormire trova pace solo nel sonno; così il bisogno di bere o di mangiare si soddisfa solo tramite cibo e bevande.


Le istanze della Civiltà hanno reso spesso difficile la soddisfazione delle pulsioni; per questo, sono capaci di legarsi ad oggetti diversi rispetto a quelli originari, pur di trovare il proprio compimento nella scarica.


La magnifica statua della “Venere Callipigia” ci permette di mettere in luce un dettaglio singolare del desiderio. Questa magnifica opera è una copia romana in marmo realizzata durante il regno dell’Imperatore Adriano. L’originale, in bronzo, era probabilmente di età ellenistica.

La "Venere Callipigia"


La Dea Venere, Signora indiscussa della Bellezza e dell’Amore, è rappresentata in un rituale preciso, chiamato “anasyrma”: la Dea, come se stesse danzando, solleva il proprio peplo, scoprendo il corpo nudo e le natiche. L’epiteto dell’opera, “Callipigia”, indica proprio questo dettaglio, poiché significa “dalle belle natiche”.


L’Anasyrma si distingue dall’esibizionismo: tale rituale infatti può avere valenza seduttiva o provocatoria e ha come scopo imbarazzare, sedurre o impressionare l’osservatore. L’esibizionismo invece implica una certa eccitazione anche in chi sceglie di scoprirsi e di mostrarsi agli occhi indiscreti dell’osservatore.


Una delle caratteristiche del desiderio “maschile” è la sua struttura fondamentalmente “feticistica”: il desiderio maschile è “desiderio di un pezzo”. Lo sguardo maschile tende infatti a scomporre il corpo femminile “in pezzi”; le natiche, i piedi, le gambe, gli occhi, i seni, sono solo alcuni dei “pezzi” che catturano lo sguardo e le fantasie maschili.



Questa scomposizione in pezzi sarebbe una caratteristica propria dello “sguardo maschile”: anche il corpo dell’uomo verrebbe a sua volta scomposto; muscoli, gambe, capelli, “dimensioni”, altezza sono solo alcuni degli attributi nei quali la corporeità maschile viene suddivisa.


Perché lo sguardo maschile compie questa operazione? Perché fa in pezzi il corpo femminile?


Il “feticcio”, veicolo dell’eccitazione erotica, ha una caratteristica peculiare: di per sé non è legato alla riproduzione e all’erotismo; è invece adattato a questa funzione, catalizzando in modo irresistibile il desiderio.


Già nel saggio del 1927, intitolato “Feticismo”, Sigmund Freud aveva colto una caratteristica fondamentale del feticcio: il feticcio sarebbe un simbolo, un elemento metaforico sostituto dell’elemento mancante nel corpo femminile. Ma cosa manca? Nel feticcio lo sguardo maschile ricerca qualcosa che nel corpo femminile è assente, ma è, allo stesso tempo, il veicolo del desiderio: il fallo.


Sigmund Freud


Non si tratta dell’organo in quanto tale, ma della sua rappresentazione, presente ancora oggi in molti rituali per la fertilità e nell’antichità classica raffigurata sulle Erme ed evocata nei Misteri: la figura del membro maschile eretto rappresenta infatti un potente simbolo di fertilità e vitalità.


L’assenza dell’organo nel corpo femminile sarebbe per l’osservatore maschile ragione di una profonda angoscia inconscia: il bambino infatti interpreterebbe la differenza anatomica dei sessi non come parte della costituzione dei corpi, ma come effetto di una vera e propria evirazione.

Tale angoscia verrebbe poi sublimata nel feticismo: il feticcio sarebbe il sostituto di ciò che “manca” nella donna e ne assolverebbe la funzione, veicolando il desiderio e l’eccitazione per l’uomo. Un elemento, un pezzo, che svolge una funzione precisa, viene trasformato simbolicamente nel mezzo di un’irresistibile attrazione erotica. L’uomo quindi sarebbe alla ricerca di una sorta di fantasma, il “fallo femminile”.


Il feticismo sarebbe un chiaro esempio della passione “maschile” per il “pezzo”. Tuttavia, questa interpretazione non andrebbe intesa in senso letterale, ma come significante: il “fallo” sarebbe il significante del desiderio, e in quanto tale può “legarsi”, con la medesima plasticità della pulsione, ad oggetti diversi.


L’opera della Venere Callipigia ci mostrerebbe allora la maestria della divinità nel padroneggiare le regole del desiderio maschile, mostrando allo sguardo dell’osservatore ciò che può veicolare il desiderio: le sue natiche, divenute feticcio.



Per approfondire:

-Sigmund Freud – Il Feticismo (1927);

-Adorno – Progresso e feticismo;

-Mistura – Figure del feticismo.


Con “maschile” e “femminile”, la Psicoanalisi non intende una questione di “sesso anatomico”; è in gioco invece una particolare “posizione”, un “modo” di godere.


Il desiderio prende una di queste strade, tra loro alternative e antitetiche: se il “modo di godere al maschile” privilegia il pezzo in quanto oggetto elettivo del desiderio, il “modo di godere al femminile” sarebbe invece “al di là del fallo”, erratico, decentrato, aperto all’invenzione, inquietante e perturbante.


Se da una parte abbiamo la mera ripetizione dello stesso, con uno schematismo grigio e burocratico, dall’altra abbiamo l’invenzione singolare, una per una.

Se la soluzione fallica si propone come globale, come uno per tutti, la soluzione femminile richiede il confronto con un sapere da inventare ogni volta.


In questo senso fanno eco gli interrogativi che segnano il confine estremo della riflessione freudiana: cosa vuole una donna? Come gode una donna?




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