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LA “VILLA DEI MISTERI” DI POMPEI

La riscoperta della città perduta di Pompei ha cambiato per sempre la nostra conoscenza dell’antichità romana, dando nuovo impulso allo studio dell’architettura, dell’arte e della vita nell’età imperiale. Sepolta da metri di lapilli, Pompei è rimasta per secoli sepolta, nascosta e dimenticata.


Terme centrali di Pompei
Terme centrali di Pompei

Fuori dalle mura della città, a pochi metri dalla necropoli della “Porta Ercolano”, sorge la “Villa dei Misteri”. Si tratta di una villa residenziale, completamente sepolta durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. e riscoperta nel 1909. Prende il proprio nome dai celebri affreschi che arricchiscono il “triclinio”, la stanza nella quale i “padroni di casa” erano soliti pranzare e cenare.


La villa è vasta e molto articolata: concepita inizialmente come una “villa d’otium”, nel tempo è stata espansa e ristrutturata, fino a raggiungere il suo massimo splendore in età augustea. Giardini pensili, forni, una zona termale, magazzini, la zona signorile residenziale e un vestibolo a vista mare…


Nel triclinio le tre pareti principali della sala, lasciando l’ingresso alle spalle, sono dominate da affreschi di grande vivacità e bellezza: secondo gli studiosi, l’affresco, realizzato da un artista del luogo, mostra, come in una successione di tante istantanee, un vero e proprio rituale.


Triclinium della Villa dei Misteri
Triclinium della Villa dei Misteri

Alla sinistra, la scena ha inizio con una fanciulla che porta un vassoio con delle offerte verso delle donne che effettuano un rituale di purificazione mentre un bambino legge le procedure del rituale; Sileno suona la cetra accanto ad un satirello e una donna fugge, forse spaventata dall’evocazione rituale.



Al centro, Sileno brinda alle nozze di Dioniso e Arianna mentre una sacerdotessa si appresta a svelare il “fallo”, momento culminante del rituale misterico.


Dioniso e Arianna
Dioniso e Arianna

Infine, sulla terza parete, una donna accarezza i capelli di una giovane, mentre una baccante danza.


Questa stanza, dagli affreschi conservati quasi perfettamente nei loro vividi colori, richiama un culto centrale dell’antichità: il rito misterico del dio Dioniso.


“I posseduti dalla frenesia bacchica e coribantica giungono all’estasi sino a vedere l’oggetto desiderato”

(Filone, “Sulla vita contemplativa”, 12)


Il culto misterico richiedeva un complesso percorso di iniziazione e prevedeva una forma di religiosità di tipo esperienziale: gli adepti dovevano mantenere il segreto sui rituali, celebrati in segreto, dopo lunghi periodi di purificazione e astinenza. Violare il segreto dei riti poteva portare a conseguenze terribili, come la morte.



“Beato colui che ha un buon demone e conoscendo le iniziazioni degli dèi vive santamente e introduce la sua anima nella schiera dionisiaca”

(Euripide, “Baccanti”, 142-143)


Nei culti misterici in onore di Dioniso gli adepti cercavano di catturare il segreto della vita stessa, accedendo ad una dimensione superiore a quella sensibile. L’incontro con il dio Dioniso, morto e risorto, avrebbe offerto agli iniziati l’esperienza stessa del soprannaturale.


Diffusi in gran parte del mondo antico, i “culti misterici” avevano al centro diverse divinità, mantenendo in comune la riservatezza e il segreto come cifra comune. Possiamo osservare come la segretezza sia una prerogativa propria del “sacro”: tutto ciò che è sacro, perché perturbante e minaccioso, andava nascosto, vincolato in luoghi appositi e come “avvolto” da rituali e formule da pronunciare con attenzione.


Il sacro ha infatti due anime: ciò che impone soggezione e ciò che appare terribile, impossibile da affrontare direttamente, senza mediazione simbolica.


Dal punto di vista psicoanalitico, nel culto misterico possiamo vedere un esempio del complesso rapporto tra il simbolico del culto e il reale della vita e del godimento, vincolato in un’esperienza iniziatica impossibile da condividere.



Questo è infatti un attributo del godimento e del reale: un’esperienza che si può sperimentare, ma solo in parte tradurre in parole. Così il rito misterico aveva un effetto trasformativo sull’adepto, senza che egli sapesse poi tradurre in parole gli intensi vissuti del culto.


Per approfondire:

-Gabriel Zuchtriegel e Maria Rispoli – “Villa dei misteri” (2024);

-Giorgio Colli – “La sapienza greca” (1977);

-Angelo Tonelli - “Eleusis e Orfismo. I misteri e la tradizione iniziatica greca.” (2015).


Ci racconta Erodoto nel quarto libro delle storie:

“egli desiderava essere iniziato ai misteri di Dioniso frenetico; e a lui che stava per intraprendere l’iniziazione apparve un grandissimo portento…”


I culti misterici avevano il proposito di confinare, e allo stesso tempo, rendere possibile l’incontro “reale”, pertanto impossibile, con la divinità e il soprasensibile.


Il divieto assoluto cadeva su quanto accadeva nei riti:

“Ai non iniziati a Bacco non devono essere divulgati” dice lo stesso Dioniso, nelle “Baccanti” di Euripide.


Disvelamento del Fallo, Villa dei Misteri
Disvelamento del Fallo, Villa dei Misteri

Lo svelamento del fallo è il culmine dell’esperienza salvifica di incontro con il reale della vita stessa, nella sua massima espressione nella forma corporea del godimento estatico. Nel ciclo di affreschi della “Villa dei Misteri”, il rituale culmina con l’evocazione del dio Dioniso e l’incontro con l’“oggetto desiderato”, il fallo nascosto, simbolo della vita stessa come “spinta” e come “fluire vitale”.

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