La mitologia greca e quella romana pullulano di figure misteriose ed affascinanti. Tra queste, un posto di rilievo è occupato dagli Oracoli. Si tratta di sacerdoti e sacerdotesse in diretto contatto con la divinità, in grado di congiungere mondo terreno e quello divino.
Gli Oracoli si fanno portatori del messaggio e della volontà delle divinità dell’Olimpo, comunicando tramite i loro vaticini i responsi alle domande rivolte dai mortali.
Tra le figure mitiche, Tiresia è sicuramente l’indovino più noto: consultato da Edipo e da Odisseo, Tiresia rivelerà loro la verità, enigmatica ed inquietante, del loro destino.
Nel mondo antico, gli Oracoli si trovano solitamente in luoghi dal grande valore simbolico ed evocativo; tra questi, in Grecia spicca per importanza l’Oracolo di Delfi. Il tempio di Apollo e il santuario di Delfi erano tra i luoghi più noti dell’Antichità. La Pizia, nominata a vita, offriva ogni mese i suoi responsi, dopo aver ricevuto i tributi di coloro che desideravano interrogare la divinità.
La Pizia offriva il proprio responso in un momento di possessione divina e le sue parole erano raccolte da un “profetes” che le traduceva in esametri prima di offrirle al pellegrino.
Egeo, mitico re di Atene, consulta la dea Temi,
seconda detentrice dell'oracolo di Delfi secondo Eschilo.
L’oracolo di Delfi era così famoso che persino il filosofo Socrate l’avrebbe visitato, affermando di aver appreso lì due delle sue massime più celebri: “Conosci te stesso” e “niente di eccesso”.
Si racconta che intorno al 440 a. C. la Pizia venne interrogata proprio riguardo Socrate: Chaerephon, amico del filosofo, interrogò la Pizia chiedendo: “C'è qualche uomo vivo più saggio di Socrate?”. La risposta che ricevette fu: “Nessuno”.
Sono noti degli Oracoli anche nella Magna Grecia; tra questi, il più celebre Oracolo dell’Occidente si trova in Campania, a Cuma. Nel celebre antro, presso il Lago d’Averno, cantato da Virgilio, la Sibilla Cumana emanava misteriosi e criptici oracoli.
Il suo stesso nome “Sibilla” deriverebbe dal greco Θεοβούλη, che significa “Volontà divina”. La somma sacerdotessa di Apollo avrebbe incontrato Enea, anticipandogli la futura fondazione di una città nel Lazio e la fine del suo lungo viaggio.
L'Antro della Sibilla di Cuma e la "Sibilla Cumana" di Michelangelo,
presso la Cappella Sistina di Roma.
Il dio Apollo avrebbe amato profondamente la Sibilla, tanto da offrirle qualsiasi dono avrebbe desiderato: la sacerdotessa avrebbe domandato una vita tanto lunga quanto numerosi sono i granelli di sabbia che è possibile stringere in una mano. La sventurata, tuttavia, dimenticò di chiedere anche l’eterna giovinezza, finendo per condannarsi ad un’eterna anzianità.
La Sibilla di Cuma adottava una tecnica particolare per comunicare i propri messaggi: le sue parole venivano trascritte su foglie, lasciate in balìa del vento che attraversa l’antro che ospita la sacerdotessa. Toccava ai sacerdoti e ai visitatori della Sibilla ricomporre il messaggio, così da poterlo poi interpretare. Da questa usanza deriva il termine “sibillino”, che indica la natura criptica dei messaggi della Sibilla.
Come interpretare il ruolo di queste figure nell’universo mitologico antico, greco e romano? Nelle figure oracolari gli antichi ritenevano di trovare interpreti di una realtà superiore, simbolica: il “kósmos” degli antichi è infatti un mondo ordinato e regolato da una precisa trama di leggi e di rapporti. Esso si contrappone al Caos, limitato dall’azione divina.
Il mondo antico è infatti un mondo ciclico e chiuso, segnato da età destinate a tornare in un ciclo senza fine. Nella ciclicità del pensiero greco affonda il concetto nietzschiano di “eterno ritorno dell’uguale”. Il livello simbolico è regolato da leggi, ha una propria logica che va al di là di quanto è percepibile in modo cosciente.
Per questa ragione il concetto di simbolico è ripreso dalla Psicoanalisi, come uno dei tre registri fondamentali dell’esperienza, insieme all’immaginario e al reale. Il simbolico sarebbe il registro inaugurato dall’esperienza del linguaggio, inteso come il “tessuto” che costituisce una certa visione (più meno condivisa) del mondo e dal suo effetto di presa sul corpo.
Il linguaggio è articolato secondo leggi e regole che Freud trova nei processi inconsci che animano i sogni: “metafora” e “metonimia” che si traducono in “condensazione” e “spostamento” dei contenuti inconsci in contenuti del sogno. Freud scoprirà la dimensione simbolica del sintomo, simbolo del conflitto inconscio tra istanze incompatibili.
Lacan arriverà ad affermare che “l’inconscio è strutturato come un linguaggio”, enfatizzando la dimensione simbolica come fondamentale per l’esperienza analitica.
Così, il simbolico riguarda anche la posizione dell’analista nella conduzione della cura: l’analista, nel transfert, vede proiettare sulla propria figura i contenuti inconsci del paziente, facendo attenzione a non cedere mai rispetto agli attacchi o alla seduzione del paziente.
Anche per Carl Gustav Jung la dimensione simbolica ha un posto centrale nella psiche umana. Il concetto di “archetipo” e di “inconscio collettivo” presuppongono una vera e propria rete simbolica nel quale tutti gli esseri umani di una certa cultura sono immersi, attingendo ai medesimi simboli inconsci.
Tutto ciò si traduce anche in alcuni aspetti tecnici della Psicoanalisi: proprio come certi vaticini delle Sibille dell’Oracolo, l’interpretazione dell’analista non deve essere semplicemente “esplicativa”, bensì essere “sibillina”: la parola dell’analista, come le affusolate dita di un chitarrista esperto fanno con le corde, deve saper far vibrare il significante presente nel discorso del paziente, senza preoccuparsi troppo di “spiegare”.
L’interpretazione “oracolare” dell’analista parte quindi dal simbolico per andare verso il reale che sfugge al paziente: l’incontro con questo reale, spesso inquietante e misterioso, è il vero orizzonte dell’esperienza analitica.
Per approfondire:
-Carl Gustav Jung - L'uomo e i suoi simboli;
-Davide Corradetti - Psicoanalisi e simbolo. Mito, parola, relazione;
-Jacques Lacan – Il Seminario, Libro V, Le formazioni dell’inconscio.
Collier, "La Pizia", 1891.
Sono sopravvissuti molti racconti legati ai responsi degli Oracoli e delle Sibille del mondo antico. Anche politici e sovrani erano soliti rivolgersi agli oracoli per verificare l’opinione divina circa le loro iniziative; ad esempio si racconta che Alessandro Magno visitò l'oracolo delfico desiderando di ascoltare una profezia sul fatto che avrebbe presto conquistato il mondo.
Con sua sorpresa l'oracolo rifiutò un vaticinio diretto e gli chiese di tornare più tardi. Indignato, Alessandro trascinò la Pizia per i capelli fuori dalla stanza finché lei urlò: “Sei invincibile, figlio mio!”.
Davanti a queste parole la lasciò cadere, dicendo: “Ora ho la mia risposta”.
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