Matthew David McConaughey è uno degli attori di Hollywood più celebri degli ultimi anni. Carismatico e pieno di talento, ha dato corpo e voce a personaggi indimenticabili. McConaughey ha preso parte a molte pellicole di grande successo, come “Bernie”, “Killer Joe”, “Magic Mike” e “Interstellar”, nel ruolo del protagonista, il pilota Joseph Cooper.
Nel 2014 riceve il più ambito riconoscimento per un attore: la sua interpretazione in “Dallas Buyers Club” viene premiata con l’Oscar come “miglior attore protagonista” insieme al Golden Globe come “miglior attore in un film drammatico”. Si tratta di una vera e propria consacrazione in un ruolo di grande spessore e drammaticità.
Il discorso che accompagna la consegna del premio Oscar è un momento carico di pathos: il premiato, davanti agli altri sfidanti e ai membri dell’Academy che lo hanno scelto, ha l’occasione di dare voce alle proprie emozioni e ai propri pensieri.
Una volta raggiunto il palco, tornato il silenzio dopo lo scroscio di applausi, McConaughey ha pronunciato un discorso divenuto poi iconico; l’attore infatti non si è limitato ai classici complimenti sportivi verso gli altri candidati o ai ringraziamenti rivolti ad amici, familiari e collaboratori.
Nel passaggio conclusivo del proprio discorso, McConaughey ha dato testimonianza del proprio rapporto con il desiderio:
"[E grazie] al mio eroe. Che è colui che rincorro.
Quando avevo 15 anni, c’è stata una persona molto importante nella mia vita, che venne da me e mi disse: “Chi è il tuo eroe?”, e io risposi: “Non lo so, devo pensarci su. Dammi un paio di settimane”.
Tornai due settimane più tardi, questa persona si avvicinò e mi disse: “Chi è il tuo eroe?”, e io dissi: “Ci ho pensato. Sai chi è? Sono io tra 10 anni”.
Così compii 25 anni. Dieci anni più tardi, quella stessa persona venne da me e disse: “Quindi, sei un eroe?”, e io risposi qualcosa come “Non mi ci avvicino nemmeno. No, no, no”. Lei domandò: “Perché?”, io dissi: “Perché il mio eroe sono io a 35 anni”. Così, vedete, per ogni giorno, ogni settimana, ogni mese e ogni anno della mia vita, il mio eroe sono sempre stato io 10 anni dopo.
Non sarò mai il mio eroe. Non raggiungerò mai quello stato. So di non esserlo e sono in pace con questo, perché continuerò ad avere sempre qualcuno da rincorrere."
Il discorso di accettazione del premio Oscar di McConaughey non dimostra solo il grande carisma dell’attore texano; nelle sue parole possiamo osservare il legame indissolubile che lega mancanza, ideale e desiderio.
McConaughey è consapevole della natura impossibile dell’ideale: non potrà mai essere il suo eroe; il suo eroe sarà sempre 10 anni davanti a lui. Come nel paradosso di Zenone, nel quale Achille non potrà mai raggiungere la tartaruga perché la distanza che separa i due non sarà mai davvero colmabile, così l’oggetto del desiderio, il proprio eroe, è impossibile da raggiungere.
Freud sottolineava infatti come l’oggetto del desiderio umano fosse “da sempre perduto” e “impossibile da trovare nuovamente”: ogni incontro con un nuovo oggetto implicherebbe quindi una sostanziale delusione, perché ciò che incontriamo non è mai davvero ciò che cerchiamo. Davanti ad ogni possibile oggetto, la reazione non può che essere “non è questo”, per Freud.
Davanti a questo impossibile, sono possibili due strade: la caduta depressiva o il movimento creativo.
L’insoddisfazione strutturale del desiderio umano infatti può comportare un arresto del movimento vitale. Il vuoto può travolgere l’uomo annegando le sue speranze di soddisfare i propri desideri nello spegnimento di ogni tentativo di cercare quanto manca. L’ombra del fallimento pare annullare ed oscurare ogni sforzo di superare un limite invalicabile.
La strada alternativa, come ci mostra il discorso di McConaughey, è quella del movimento creativo: la stella polare dell’ideale, invece di schiacciare e annichilire il presente, genera un movimento vitale e creativo.
L’incontro impossibile con l’oggetto del desiderio diviene quindi occasione per mettere in gioco il proprio talento, generando così qualcosa di nuovo.
Lacan sottolineava la centralità per il soggetto del rapporto con il proprio desiderio e provocatoriamente chiedeva: “avete agito in conformità con il desiderio che vi abita?”.
Il discorso di accettazione del premio Oscar da parte di Matthew McConaughey diviene allora una vivida testimonianza di come il rapporto con il proprio desiderio, lungi dal superare la barriera insuperabile dell’oggetto da sempre perduto, possa tradursi in una spinta vitale capace di dare un senso alla vita e di dare frutto.
Il concetto di desiderio e della sua testimonianza sono al centro della riflessione psicoanalitica: come rendere possibile il “contagio” del desiderio? Come “accenderlo”? Come rendere possibile la sua “trasmissione” tra le generazioni?
Per approfondire:
-Moroncini e Petrillo – “L’etica del desiderio”;
-Lacan – “Il Seminario. Libro VI, Il desiderio e la sua interpretazione”;
-Recalcati – “La legge del desiderio”.
Il rapporto del soggetto con il proprio desiderio è uno degli aspetti salienti di ogni analisi: cosa abbiamo fatto del nostro talento? Lo abbiamo alimentato? Lo abbiamo reso una corrente vitale e creativa?
Si tratta di una questione che implica necessariamente la separazione dal desiderio dell'Altro e la capacità di rinunciare alla comoda posizione hegeliana dell'"anima bella", vittima innocente e irresponsabile di quanto ci accade: l'assunzione della responsabilità irriducibile del proprio desiderio è la strada maestra per realizzare il potenziale che ciascuno ha dentro di sé.
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