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LA BOCCA DELLA VERITÀ

La celebre “Bocca della verità” è un mascherone di marmo “pavonazzetto”, installato nel pronao della Basilica di Santa Maria in Cosmedin. Si tratta di un tondo imponente, pesante oltre 1300 kg.


Si tratta di un antico “tombino” di epoca romana, risalente al V secolo avanti Cristo: il tondo faceva parte delle opere legate alla “Cloaca Maxima”, il complesso sistema fognario realizzato, secondo la tradizione, da Tarquinio il Superbo, ultimo dei sette Re di Roma.


Questo disco di marmo presenta la bocca, gli occhi e naso forati: il suo scopo era infatti di convogliare le acque reflue durante le piogge. Il volto, con ogni probabilità, ritrae una divinità marina: a confermarlo è la presenza di due chele di granchio, dettaglio presente nella vistosa barba che occupa la parte inferiore del tondo. Sono presenti altri simboli, come due lupi e uno scarabeo.


Realizzato per essere collocato in orizzontale, questo mascherone ha avuto una storia carica di leggende e ha subito alcuni spostamenti. Nel XIII è stata rimossa dai resti del Tempio di Ercole, per essere collocata nella parete della Basilica. Solo nel XVII secolo è stata istallata nella sua collocazione attuale, nel pronao della Basilica.


Intorno a questo tondo di grande fascino sono nate molteplici leggende, che mettono al centro il complesso rapporto dell’uomo con la Verità: già nel Medioevo circolavano molte novelle, di origine popolare ed erudita, diffuse dai cittadini di Roma e da tutti coloro che visitavano la Basilica durante il pellegrinaggio nella Città Eterna.


In particolare, alcune leggende considerano il tondo come una sorta di Oracolo, al quale domandare la rivelazione di segreti, oppure fonte di inganni, per l’influsso del diavolo.

Nel Rinascimento, i pellegrini chiedevano al tondo di svelare l’eventuale infedeltà del coniuge, così da poter “scoprire la verità”.



Questo tondo è divenuto noto al grande pubblico grazie al film “Vacanze Romane” (1953) di William Wyler, interpretato da Gregory Peck e Audrey Hepburn. In una celebre scena, i due protagonisti mettono le loro mani nella bocca del tondo: Joe Bradley, interpretato da Gregory Peck finge che la propria mano venga mozzata, spaventando a morte la principessa Anna, interpretata da Audrey Hepburn.



Nei secoli, le leggende intorno alla “Bocca delle Verità” si sono concentrate su un dettaglio del tondo: la sua bocca. Il pellegrino avrebbe dovuto inserire la mano destra dentro al foro e giurare di essere sincero. Laddove invece fosse stato colto dallo spirito della “Bocca” come spergiuro, la bocca in marmo si sarebbe serrata, amputandola.


La bocca quindi avrebbe “tagliato” la mano del pellegrino bugiardo, punendolo per il proprio rapporto distorto con la Verità.


Le leggende che circolano intorno alla “Bocca della Verità” offrono lo spunto per sottolineare come la Verità possa avere un effetto di “taglio”. Nell’esperienza analitica, l’emergere della verità soggettiva del paziente ha proprio questo scopo: come nella sapiente arte del sarto, l’effetto della parola piena, rimarcata dall’intervento dell’analista, “taglia” il discorso del paziente, dandogli una torsione inedita.


Il taglio scompagina l’orizzonte e la prospettiva dalla quale il paziente parla, aprendolo ad uno scenario inedito, “inconscio”: l’incontro con la propria verità inconscia ha un effetto di vero e proprio sconvolgimento sul discorso del paziente.


La vita psichica infatti è intessuta di un complesso intreccio di verità rimosse e di menzogne che hanno lo scopo di allontanare l’angoscia, rendendo la vita sostenibile. I dolori del passato e i desideri inaccettabili sono relegati nell’inconscio, lontano dalla coscienza.


Insieme a ciò che per la Civiltà è inaccettabile, è inconscio anche il nostro autentico desiderio, rimosso e nascosto per compiacere l’Altro familiare e sociale che ci circonda. Per questo, il lavoro analitico è insieme liberatorio e angosciante: liberatorio perché ci permette di superare gli inganni nevrotici che limitano la nostra vita e il nostro talento; angosciante perché ci obbliga a cambiare la nostra posizione rispetto agli altri, trovando equilibri nuovi, al costo di “non piacere” più a chi ci circonda, confrontandoci con quanto di noi rifiutiamo.


L’emergere della Verità soggettiva in analisi taglia il discorso ordinario e comune della hegeliana “anima bella”, vittima delle disgrazie della vita, mettendo il soggetto davanti alla propria implicazione, alle proprie responsabilità rispetto a ciò che accade nella vita.


Se le leggende che circolano intorno alla “Bocca della Verità” hanno una dimensione di giudizio morale, il taglio della Psicoanalisi punta a svelare la divisione che il nevrotico rifiuta e nasconde: la distanza e la mancata coincidenza tra l’Io e il soggetto dell’inconscio, tra chi crediamo di essere e il desiderio che ci abita e ci rende unici.


L’emergere della Verità per opera della “Bocca” suscita angoscia: perderemo la mano, svelando la nostra doppiezza? O supereremo la prova, dimostrando la nostra fedeltà al desiderio che ci abita?


L’articolo completo è disponibile sul sito.


Per approfondire:

- Wolfgang Loch - Psicoanalisi e verità. Prospettive psicoanalitiche;

- Maurizio Mazzotti - IL DESERTO DELLA VERITÀ;

- René Roussillon - La Verità in Psicoanalisi I-II.


Come abbiamo visto, la verità soggettiva è spesso inconscia: il suo ritorno dal rimosso ha spesso un effetto traumatico, perché implica la caduta del “velo” che ha a lungo influenzato il nostro modo di vedere il mondo. L’azione di taglio della parola apre ad uno scenario nuovo, col quale il soggetto in analisi è chiamato a fare i conti.



La Psicoanalisi mostra come la “menzogna” possa assumere uno statuto inedito rispetto alla dimensione giudaico – cristiana del rapporto tra giustizia, anima e peccato.

La menzogna è per prima cosa rivolta all’Io, per contrastare l’angoscia legata ai contenuti inconsci considerati inaccettabili rispetto agli imperativi della Civiltà, alle rappresentazioni che costituiscono l’Io e all’inibizione che anima la nevrosi.


L’emergere della Verità soggettiva al di là del velo della nevrosi richiede al soggetto di confrontarsi con l’angoscia legata alla difficoltà di realizzare se stessi.




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