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JUNG E I SOGNI

Carl Gustav Jung è stato uno dei pionieri della Psicoanalisi. Prima allievo prediletto di Sigmund Freud, in seguito ricercatore indipendente, Jung ha incarnato l’archetipo del “guaritore ferito”: molte delle sue intuizioni teoriche e cliniche hanno infatti origine dal profondo momento di crisi che ha attraversato durante la Grande Guerra.


“Risorto” dalle proprie ceneri, come l’araba fenice, Jung ha dato vita ad una propria teoria, chiamata “Psicologia analitica”.


In continuità con Freud, Jung considera i sogni di grande valore: tramite i sogni è infatti possibile conoscere i contenuti dell’inconscio personale e collettivo del paziente. Secondo Jung, i simboli del sogno possono trarre origine dai complessi che animano il conflitto interno alla psiche o riflettere immagini universali e archetipiche.


Ad esempio, Jung considera la presenza di figure come il “drago” e l’“eroe” nei sogni come tracce della dimensione collettiva dell’inconscio: si tratta di simboli universali, presenti in tutti gli uomini in tutte le culture. Attraverso questi simboli è possibile osservare e studiare le dinamiche della psiche collettiva.



Jung ha sviluppato una precisa tecnica per interpretare i sogni. Per prima cosa, Jung suggerisce di non interpretare un sogno come un elemento isolato; è invece necessario inserirlo in una serie, per vedere distendersi in modo chiaro i processi in atto nella psiche inconscia.


Diversamente da Freud, Jung era dubbioso sull’utilità della tecnica delle “libere associazioni” nell’interpretazione dei sogni. Egli afferma che:

“Associare liberamente significa aprirsi a ogni possibile tipo di associazione, il che naturalmente riporta a ciascuno i suoi complessi. Ma io, vedete, non voglio conoscere i complessi dei miei pazienti. Non mi interessano. Voglio sapere quel che dicono i sogni sui complessi, non quali sono i complessi. Voglio sapere come l'inconscio di una persona si comporta con i complessi di quella persona. Voglio sapere a che cosa quella persona si sta preparando.”


Per Jung, il sogno va inteso come un testo di difficile interpretazione, del quale si conosce a fatica la lingua. L’opera dell’analista assomiglia quindi a quella del filologo, che davanti ad un testo frammentato cerca gli elementi mancanti. Se per Freud il sogno era il risultato di una censura inconscia, per Jung il sogno non nasconde nulla; la difficoltà della loro interpretazione risiederebbe nella difficile “traduzione” da una lingua ad un’altra.



Afferma Jung: “l'assunto che il sogno voglia occultare qualcosa è semplicemente un'idea antropomorfica. Nessun filologo penserebbe mai che una difficile iscrizione sanscrita o cuneiforme voglia nascondere qualcosa. Il sogno è un tutto, e se credete che abbia un che di misterioso che nasconda qualcosa, sicuramente non lo avete capito.”


Davanti al sogno, è necessario riconoscere di “non capire nulla” e applicare il metodo dell’“amplificazione”: Jung ricerca paralleli e informazioni sul contesto del contenuto del sogno. Si tratta di far emergere la trama psichica legata ai contenuti del sogno.


Jung precisa la distanza del suo metodo da quello freudiano: “Freud cerca i complessi, io no: questa è la differenza. Io cerco di scoprire che cosa fa l'inconscio con i complessi, perché questo mi interessa assai più del fatto che la gente abbia dei complessi. Tutti abbiamo dei complessi; è un fatto banale del tutto privo di interesse. Interessante è sapere quel che la gente fa con i propri complessi: questa è la questione pratica importante.”


Prosegue Jung: “constatate che il procedimento applicato alla Freud all'interpretazione dei sogni è perfettamente logico, sempre che accettiate l'assunto che l'enunciazione del sogno sia veramente priva di senso. Ma quando fate questa asserzione non dimenticate che una cosa può essere irragionevole semplicemente perché voi non la capite...Poiché non sono Dio e poiché sono un uomo con capacità intellettuali molto limitate, farò meglio ad accettare il fatto che non capisco i sogni. A questo punto posso respingere la tesi, fondata sul pregiudizio, che il sogno sia una deformazione, e ammetterò che non capisco un sogno perché la mia mente distorta e mi impedisce di averne una visione corretta. Così ho adottato il metodo che i filologi applicano ai testi difficili, e tratto i sogni allo stesso modo.”


Il sogno è quindi una parte del “tessuto psichico” della mente del paziente e va inserito in una serie che ha le sue radici nel passato ed è diretta verso il futuro. Il sogno è come uno squarcio che rende visibile la continuità psichica.


Nei sogni per Jung è possibile ritrovare le stesse figure archetipiche che animano i miti, come l’eroe e il drago. Tra questi archetipi, quelli maggiormente in ombra troverebbero proprio nei sogni il contesto ideale per emergere e prendere forma, manifestandosi.


Come trattare i contenuti dell’inconscio individuale e di quello collettivo?

Jung risponde: “quando deve trattare con un archetipo, un analista farà bene a riflettere. Nel trattare con l'inconscio personale non si deve pensare troppo e nemmeno aggiungere qualcosa alle associazioni del paziente. È forse possibile aggiungere qualcosa alla personalità di un altro? Anche noi abbiamo la nostra personalità. L'altro ha una propria vita e una propria psiche, perché è una persona, ma quando non è una persona, quando è anche me stesso, quando ha la mia stessa struttura psichica di fondo, io posso cominciare a pensare, ad associare per lui. Posso addirittura fornirgli il contesto necessario, perché lui non lo avrà senz'altro, non sa da dove provenga il drago e non ha alcuna idea di cosa significhi, mentre io lo so e posso dargli il materiale di cui ha bisogno.”


Se l’analisi dei contenuti dell’inconscio personale è possibile a partire dal paziente, per i contenuti dell’inconscio collettivo, universali per Jung, l’analista potrebbe intervenire direttamente, indicando il loro significato.


Jung ha sviluppato un proprio metodo per interpretare i sogni; se per Freud era necessario far emergere il materiale latente rimosso, nascosto e censurato, per Jung è invece necessario interpretare quanto contenuto nel sogno, senza considerare la presenza dei processi di censura.


Per approfondire:

-Carl Gustav Jung – Introduzione alla psicologia analitica;

-Sigmund Freud – L’interpretazione dei sogni;

-Vittorio Lingiardi – L’ombelico del sogno.



La tecnica adottata da Jung rende l’analista una guida carismatica, dotata di un sapere che il paziente non ha; per questo, Jung è solito raccontare di come abbia spesso “messo in guardia” i propri pazienti rispetto a certe scelte, in modo attivo e perentorio.

Se la regola freudiana indicava la necessità di “astenersi” ed essere “neutrali” rispetto alle scelte dei pazienti, Jung si autorizza ad indicare la necessità di affrontare rischi e minacce che individua nei sintomi e nei sogni dei suoi pazienti.


In numerosi resoconti clinici, Jung racconta di come certi pazienti, sordi alle sue indicazioni, siano poi caduti in disgrazia; in altri frangenti sottolinea quanto il suo intervento, diretto e duro, abbia determinato una svolta decisiva nella vita del paziente.


Proprio la conoscenza dei contenuti archetipici e dell’inconscio collettivo sarebbe parte di questo sapere dell’analista, che lo renderebbe edotto di quanto invece sfugge al paziente: nella tecnica di Jung vediamo un’asimmetria di sapere non “supposta”, ma effettiva, con effetti concreti nella conduzione della cura.


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