L’interpretazione è una tecnica fondamentale in ogni trattamento psicoanalitico. L’opera più importante di Freud, che dà il via al “secolo della Psicoanalisi”, non a caso è “L’interpretazione dei sogni” (1900). Ma cosa significa interpretare? Generazioni di psicoanalisti, allievi di Freud e non solo, si sono confrontati sul significato e sul funzionamento dell’interpretazione, per definirla con precisione.
L’interpretazione, per Freud, prevede un percorso opposto a quello del lavoro onirico: se il lavoro onirico produce i sogni che ricordiamo a partire dal materiale inconscio rimosso, l’interpretazione punta a svelare l’inconscio a partire da ciò che il paziente racconta nelle libere associazioni coscientemente.
Per questo lo scopo dell’interpretazione è di rendere conscio l’inconscio.
L’interpretazione, per definizione, si riferisce sempre ad un contenuto che appartiene al paziente ma del quale egli non è a conoscenza: l’interpretazione quindi punta ad un elemento inconscio ma presente e capace di influenzare la vita del paziente.
Interpretare non significa giudicare il paziente: è importante che l’attribuzione di senso dell’interpretazione sia “disinteressata”, senza secondi fini, e “pertinente”, cioè offerta in un contesto nel quale il paziente possa coglierne il valore. L’analista può quindi cogliere in qualsiasi momento l’importanza di un elemento inconscio o la presenza di un significato rimosso; tuttavia questo non significa che debba comunicarlo immediatamente al paziente.
L’interpretazione si costruisce a partire dalle libere associazioni del paziente: questo materiale è indispensabile per l’analista; il suo ascolto permette di cogliere una sintesi che offra all’ascolto del paziente l’emergere di un significato nuovo, perché rimosso dalle difese psichiche a causa del conflitto che fa soffrire il soggetto.
Per questo l’interpretazione è un’operazione semantica, che mette al centro il valore del significato.
L’interpretazione non è un delirio: se il delirio ha sempre una connotazione svalutante ed è sconnesso dal principio di realtà, l’interpretazione invece, per essere efficace, deve essere veritiera e realistica; a differenza del delirio, laddove fosse evidentemente errata, l’interpretazione è correggibile e non ha come scopo lo svalutare il paziente bensì di renderlo cosciente di quanto è rimosso o negato.
L’interpretazione in fondo è sempre un’ipotesi e per questo è sempre correggibile, a differenza di ogni forma di delirio.
E dal punto di vista operativo? A volte l’analista può scegliere tatticamente di non comunicare l’interpretazione che ha definito ascoltando il paziente; tuttavia, come ogni ipotesi, l’unico modo di verificare la sua adeguatezza è comunicarla! Per questo per ogni interpretazione arriva il momento della sua comunicazione al paziente. Come offrire questa comunicazione?
È nel momento in cui viene offerta che l’interpretazione è sottoposta a verifica (come ogni ipotesi) e agisce dal punto di vista clinico (determinando un cambiamento nel paziente, ad esempio nel suo punto di vista su un evento). È proprio a partire dai suoi effetti che è possibile verificare la bontà di un’interpretazione.
Abbiamo infatti una buona interpretazione quando questa produce “insight”, una nuova consapevolezza da parte del paziente.
In tutto questo, l’analista mantiene un atteggiamento “disinteressato”, ma non indifferente: è importante infatti che egli non si schieri con una delle parti in conflitto dentro al paziente, rifiutandosi di operare ogni tipo di influenza che non abbia a che fare con la conoscenza. Il suo scopo è quello di mostrare al paziente ciò che di inconscio opera dentro la sua mente, senza per questo forzarlo in una certa direzione.
L’interpretazione rifiuta ogni dimensione suggestiva: l’analista non cerca di manipolare o di circuire il paziente, ma gli offre un’informazione rispetto alla quale il soggetto è libero, al netto dei suoi conflitti, di scegliere cosa farne; in questo la psicoanalisi si distingue dalle altre forme psicoterapie: al centro del processo analitico non vi è la suggestione, ma lo svelamento del conflitto inconscio.
L’analisi non cerca di modificare o influenzare il comportamento del paziente, ma di metterlo difronte alla propria verità rimossa.
Per approfondire:
-Freud – L’interpretazione dei sogni;
-Etchegoyen – I fondamenti della tecnica psicoanalitica;
-Bernfeld – Concetto di interpretazione in psicoanalisi;
Bernfeld conia l’interessante definizione di interpretazione come “ricerca delle tracce” e ne definisce tre tipologie: quella finalistica, orientata a scoprire lo scopo di una certa azione; quella funzionale, che svela la funzione di un certo conflitto inconscio o di un certo sintomo; infine quella genetica, che Bernfeld considera la vera e propria interpretazione analitica: secondo Bernfeld è necessario ricostruire i processi inconsci che hanno portato alla nevrosi; per questo egli afferma che:
“Il metodo fondamentale della ricerca psicoanalitica può caratterizzarsi come la ricostruzione di avvenimenti personali passati partendo dalle tracce che hanno lasciato dietro di sé.”
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