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IL SOSIA E IL DOPPIO

La figura del “sosia” è presente in diverse culture e con molte sfumature. Con “sosia” si intende una figura di aspetto praticamente identico ad un altra, tanto da renderlo indistinguibile.


Il termine “sosia” diviene un nome comune nell’epoca romana: in origine, Sosia era il nome proprio di un personaggio di una commedia del celebre Plauto. Servo di Anfitrione, Sosia è al centro di una fitta trama di equivoci ed inganni.


Il dio Giove è desideroso di unirsi alla moglie del soldato Anfitrione, Alcmena. Anfitrione è in quel tempo lontano da casa perché in guerra. Il dio assume le fattezze del soldato, ingannando così la moglie dello sventurato; allo stesso modo, il dio Mercurio, alleato di Giove, assume le fattezze di Sosia, servo di Anfitrione, fingendosi in tutto e per tutto lo schiavo del soldato padrone di casa.

Dall’unione tra Giove, nei panni di Anfitrione, e Alcmena nascerà il celebre eroe Eracle.



La commedia di Plauto ebbe un enorme successo, determinando l’introduzione del termine “sosia” nel linguaggio comune per indicare colui che ha le stesse identiche fattezze di una persona.


Già nella letteratura greca il tema del “doppio”, del “sosia”, era presente; Frazer, nel “Ramo d’oro” sottolinea come al “doppio” sia attribuito un valore magico e misterioso, spesso connesso alla morte, in molte diverse culture in giro per il mondo.


Non a caso, il concetto di “doppio” si associa ad un vissuto di inquietudine e mistero. L’identità dell’altro richiama l’inquietudine di confini personali, identitari e fisici confusi, nebulosi o violati.


Nella commedia di Plauto, lo stesso Sosia infatti afferma:

“Dove sono stato trasformato? Dove ho perso la mia identità? Forse mi sono lasciato laggiù e me ne sono dimenticato?”


Il tema della morte è presente nel concetto di “speculum” e di doppio, in particolare con il riferimento all’immagine: ne abbiamo un esempio nel mito classico di Narciso, narrato da Ovidio; il bellissimo giovane infatti muore inseguendo l’amore impossibile per il doppio che sperimenta nella propria immagine.


Anche nella letteratura moderna abbiamo alcuni esempi del legame tra doppio e morte: nel romanzo celeberrimo “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde leggiamo del complesso rapporto del protagonista, sempre bello e giovane, con il proprio ritratto, deformato dagli eccessi e dall’inesorabile passare del tempo. Il protagonista morirà nell’atto stesso di distruggere la tela, riportandola alla sua bellezza originaria e ferendo, di riflesso, mortalmente se stesso.


Euripide, nella tragedia “Elena”, immagina che la celebre regina di Sparta, moglie di Menelao, il cui rapimento è il “casus belli” dell’Iliade, venga sostituita da un doppio, da un “fantasma fabbricato con una nuvola”.

Afferma Elena nella tragedia:

“Era, rabbiosa per essere stata sconfitta (nella lotta per il pomo d’oro), toglie dal mio letto e getta tra le braccia di Paride non me, ma un essere fatto a mia immagine e somiglianza, una bambola d’aria, che si muove e respira. Il figlio di Priamo crede di possedere me, e si stringe a una vuota apparenza…”


La Psicoanalisi ha cercato di indagare i misteri del sosia e la dimensione inquietante del “doppio”: in particolare, Freud ha colto l’incidenza della divisione psichica all’interno dell’uomo; il conflitto tra le diverse istanze psichiche (Io – Es – Super Io) può manifestarsi nella forma di “parti scisse” della psiche che si manifestano autonomamente e nelle quali il soggetto non si riconosce.


Ne abbiamo un esempio nei sogni e nei sintomi, dove ciò che ci riguarda appare anche misterioso e criptico, fuori dal nostro controllo.

Ne è un esempio il saggio “Il perturbante”, nel quale Freud evoca la figura del doppio e l’inquietudine associata a questa “interiorità” estranea alla coscienza.


Tutto questo si traduce nel concetto lacaniano di “extimité”: si tratta di ciò che nella psiche è allo stesso tempo estraneo e profondamente intimo.


Per Freud e Otto Rank la figura del sosia incarnerebbe il ritorno non simbolizzato del rimosso: una parte della psiche, non riconosciuta e assimilata, riemerge traumaticamente alla coscienza, sconvolgendo la percezione del soggetto.

Per questo Freud parla di “Doppelgängerscheu”, “paura del sosia”.



Perché l’immagine del sosia è così inquietante? Perché è un’immagine “impossibile a vedersi”: nessuno, senza l’ausilio di uno specchio, può vedere la propria immagine.


La Psicoanalisi inoltre osserva come l’esperienza del doppio sia propria dell’asse immaginario, determinando lo scatenamento di due passioni: l’amore fusionale e l’odio mortifero.


L’Altro uguale a sé diviene oggetto delle fantasie di unione inscindibile, di unità totale e senza scarti. L’emergere dell’impossibilità di questa fusione determina un rifiuto radicale, capace di scatenare un odio senza confini, fino alla distruzione dell’altro.


Non a caso, il rapporto tra il soggetto e il sosia culmina solitamente nella distruzione di uno dei due contendenti: l’eliminazione è determinata dalla necessità di occupare l’unico posto a disposizione; questo può avvenire attraverso la fusione dei due oppure tramite la distruzione di uno.


Il rispecchiamento nell’Altro (cioè il cogliere la propria identità rispetto all’Altro) è cosa ben distinta dal riconoscimento dell’Altro: se il rispecchiamento punta alla fusione integrale, all’assimilazione senza scarti, al “fare Uno”, il riconoscimento si basa sulla radicale alterità, non eliminabile, dell’Altro in quanto diverso, sconosciuto, straniero.


Come abbiamo visto, il concetto di doppio ha una declinazione intrapsichica e interpsichica, dai confini non sempre chiari e spesso labili.


Il fantasma del doppio continua ancora oggi ad abitare l’animo umano e i suoi incubi nella moderna forma scientifica del “clone”.


Per approfondire:

-Sigmund Freud – “Il perturbante”;

-Otto Rank – “Il Doppio”;

-Marco Alessandrini – “Vedere il sosia”.



Nel romanzo di Stevenson, “Il misterioso caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde”, abbiamo un esempio fantasioso, divenuto oramai parte dell’immaginario comune, di “doppio”, di lato oscuro non riconosciuto della psiche. Lo scienziato, il Dottor Jekyll, crea un vero e proprio doppio, per sperimentare di nuovo un senso di unità oramai perduta e ridotta in frammenti.


Altri esempi nella letteratura sono presenti in “Le Horla” di Maupassant, in “William Wilson” di Poe e ne “Il Sosia” di Dostoevskij.


Nel tema del “sosia” vediamo un esempio della profonda relazione e delle suggestioni che legano la cultura romantica con il pensiero psicoanalitico.


I concetti di “inconscio” e di “interiorità” trovano infatti una viva diffusione nella cultura romantica; l’emotività, l’individualità e l’enigma dell’interiorità costituiscono un ricco “humus” nel quale il pensiero freudiano ha avuto modo di attecchire in modo vitale.


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