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IL FARO DI FREUD

La Psicoanalisi di Sigmund Freud si basa su un preciso modello di funzionamento dell’“apparato psichico”: per Freud, la mente è attraversata da conflitti consci e inconsci ed è condizionata dalle pulsioni e dalle difese psichiche.


Quando un contenuto mentale, un desiderio o un pensiero diventano inconsci? Per Freud l’inconscio è un vivo ricettacolo di contenuti rifiutati dalla coscienza, rimossi dalle difese psichiche e confinati laddove non possono essere raggiunti.


Anzi, l’eventuale ritorno di quanto è stato rimosso determinerebbe un’eccitazione difficile da gestire per la psiche, scatenando una sorta di segnale-allarme, l’angoscia.


L’inconscio freudiano avrebbe quindi questi due attributi: da una parte è composto da quanto è rimosso, “nascosto” alla coscienza; dall’altra è “dinamico”, perché i contenuti rimossi premono per emergere.


La teoria di Freud è quindi una vera e propria teoria del funzionamento e della struttura della psiche. Freud ha spesso cercato delle metafore per rendere le proprie idee più semplici da capire ed efficaci da comunicare. Tra queste metafore, abbiamo quella del “faro”.


Freud utilizza la “metafora del faro” per spiegare il funzionamento della coscienza: visto che gran parte della vita psichica dell’uomo è inconscia, la coscienza avrebbe accesso solo a pochi contenuti. Così, un faro proietta la propria luce solo in una precisa direzione, non a 360°. Momento per momento, spostando la propria attenzione, la coscienza può far accedere al proprio spazio contenuti diversi, così come la luce del faro viene proiettata altrove.



Come fa la “coscienza-faro” a decidere su cosa spostare l’attenzione? La risposta si trova nel conflitto psichico all’interno della mente: solo quei contenuti risparmiati dal confitto possono facilmente giungere alla coscienza; tutti gli altri, attivamente rimossi dalle difese, restano inconsci.


L’investimento libidico su certi contenuti e la loro natura non conflittuale permette loro di divenire coscienti e sottoposti all’attenzione del soggetto.

Si tratta, insomma, di un faro che non fa mai “luce” in alcune direzioni, particolarmente dolorose e angoscianti.


Il modello di inconscio dinamico proposto da Freud prevede quindi una sorta di “realtà nascosta”, completamente formata, fuori dalla portata della coscienza.


Per spiegare il funzionamento della rimozione, Freud descrive il caso di una sua paziente, Lucy R.. Per Freud, i sintomi di conversione della paziente (il sentire odore di bruciato e di sigaro) erano legati all’amore inconscio di Lucy per il proprio datore di lavoro e le sue speranze di essere ricambiata.


Durante una seduta, Freud dice: “Suppongo piuttosto che lei, forse senza rendersene conto. sia innamorata del suo padrone, il direttore”. Risponde Lucy: “sì credo che sia così”. Freud prosegue dicendo: “se però sapeva di amare il direttore, perché non me lo ha detto?”. Risponde Lucy: “ma io non lo sapevo o meglio non lo volevo sapere, volevo togliermelo dalla testa, non pensarci mai più e credo anche di esserci riuscita in quest'ultimo tempo”.


Il conflitto intrapsichico determina la rimozione del desiderio inaccettabile, spostando l’attenzione della coscienza altrove.


Evoluzione degli schemi freudiani dell'apparato psichico.


Eagle sottolinea come la “messa al bando” dalla coscienza di questi contenuti avrebbe lo scopo di renderli estranei all’Io, come se non fossero davvero pensieri del soggetto, ma entità altre.


Nella teoria di Freud non è prevista la gradualità dell’accesso dei contenuti inconsci e il loro emergere è piuttosto nella forma di un contenuto nascosto che finalmente torna alla luce. In questo senso, il lavoro analitico ha lo scopo di superare la resistenza della rimozione, facendo tornare cosciente quanto era stato rimosso.


Per approfondire:

-Eagle – Da Freud alla Psicoanalisi contemporanea;

-Mitchell – Gli orientamenti relazionali in psicoanalisi;

-Breuer e Freud – Studi sull’isteria.


Nel corso del Novecento, la teoria della mente di Freud è stata commentata, criticata e approfondita da Scuole di diverso orientamento teorico e clinico.


Alla concezione freudiana della realtà nascosta sono seguite numerose altre concettualizzazioni, come quella si Stolorow che vede nell’inconscio non solo il rimosso, ma anche il “non elaborato”, il potenziale non sviluppato del soggetto. In quest’ottica, tutto ciò che sfugge alla coscienza sarebbe passibile di essere elaborato in un secondo momento, al netto dei conflitti che, inconsciamente, ostacolano il lavoro associativo e di elaborazione del soggetto.

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