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FREUD, IL COLLEZIONISTA D’ARTE ANTICA

Aggiornamento: 4 ago 2023

“La psicoanalisi è un’archeologia dell’anima.”

(Sigmund Freud)


Nel corso della sua vita, Sigmund Freud ha collezionato oltre 3000 oggetti d’arte antica: statuette di divinità greche, romane ed egizie; antichi volumi di pregio, busti di marmo e animali di terracotta; resti di cocci incisi e antiche stampe.


Fanno parte della collezione anche gioielli antichi di origine cinese e orientale.


L’enorme collezione oggi conservata a Londra al “Sigmund Freud Museum” testimonia di questa grande passione di Freud per l’antichità e la cultura classica.


Quando nasce questa collezione? Nelle “lettere a Fliess”, Freud riferisce, in una lettera del dicembre 1896, di aver acquistato alcune copie dello “Schiavo morente” di Michelangelo.

Per Freud la vista di queste statute era di grande conforto: nel pieno del lutto per la perdita del padre, Freud cercava negli oggetti d’arte una consolazione per il suo dolore.


Freud fotografato nel suo studio con alle spalle una copia dello "Schiavo morente" di Michelangelo.


Le opere d’arte avevano per Freud una funzione di conforto.

Non a caso, in un’altra lettera, definisce le sue statuette come dei “sostituti” dei colleghi, nei lunghi anni di isolamento professionale dal resto della comunità scientifica.


Freud aveva colto il profondo legame tra l’arte e le dinamiche inconsce; in particolare “l'artista può scegliere di apportare modifiche al materiale inconscio trasformando le sue fantasie personali in qualcosa di accettabile per l'apprezzamento del pubblico.”


(“Il poeta e la fantasia”, 1908)


Come ricorda la pronipote, Jane Freud Mc Adam, Freud “portava una (statuetta) con sé a cena, come un ospite speciale. Trattò i suoi oggetti come insegnanti coccolati, che gli donavano idee sulla vita e le sue origini. Questi oggetti venivano dall'Est, da Roma e dalla Grecia, ma principalmente dall'Egitto.”

Statua in bronzo della dea egizia Bastet, dalla collezione di Freud


Gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi del Novecento furono segnati da scoperte straordinarie nel campo dell’archeologia: l’archeologo e studioso tedesco Schliemann scoprì nell’odierna Turchia i resti delle mura dell’antica città do Troia; nel 1922 venne rinvenuta intatta la tomba del faraone Tutankhamon da parte dell’inglese Howard Carter.


Freud stesso evoca più volte l’archeologia come metafora della psicoanalisi:


“L'analista deve scoprire, o per essere più esatti costruire il materiale dimenticato a partire dalle tracce che di esso sono rimaste. Come e quando lo fa, e il tipo di dilucidazioni con cui comunica all'analizzato le proprie costruzioni è ciò che stabilisce il collegamento tra i due elementi del lavoro analitico, tra la parte che spetta a lui e quella che spetta all'analizzato. Il suo lavoro di costruzione o, se si preferisce, di ricostruzione, rivela un'ampia concordanza con quello dell'archeologo che dissotterra una città distrutta e sepolta o un antico edificio.”


(Costruzioni nell’analisi, pag. 545)


Aggiunge:


“I due lavori sarebbero in verità identici se non fosse che l'analista opera in condizioni

migliori, dispone di un materiale ausiliario più cospicuo sia perché si occupa di qualche cosa che è ancora in vita e non di un oggetto distrutto”.


“Ma proprio come l'archeologo ricostruisce i muri dell'edificio dai ruderi che si sono conservati, determina il numero e la posizione delle colonne dalle cavità del terreno e ristabilisce le decorazioni e i dipinti murali di un tempo dai resti trovati fra le rovine, così procede l'analista quando trae le sue conclusioni dai frammenti di ricordi, dalle associazioni e dalle attive manifestazioni dell'analizzato.”


Il legame che Freud individua tra archeologia e psicoanalisi si basa su un concetto fondamentale, legato al funzionamento della nostra memoria.


Già in un testo precedente, Freud aveva affermato: “dal momento in cui abbiamo superato l'errore di supporre che il dimenticare cui siamo abituati significhi distruggere la traccia mnestica, sia cioè un annullamento, propendiamo per l'ipotesi opposta, ossia che nella vita psichica nulla può perire una volta formatosi, che tutto in qualche modo si conserva e che, in circostanze opportune, attraverso ad esempio una regressione che si spinge abbastanza lontano, ogni cosa può essere riportata alla luce.”


(Il disagio della civiltà, pag. 505)


Nella foto, il celebre ritratto di Freud realizzato da Max Pollak, 1914.


Per approfondire:

-Peter Gay - “Freud e l’arte: la collezione privata di arte antica”

-Francesco Marchioro - “Psicoanalisi e archeologia- Freud e il segreto di Atena”

-Jane McAdam Freud – “L’arte di Sigmund Freud e il suo impatto transgenerazionale”


Freud ha dedicato alcune opere agli antichi dell’arte, sottolineando la connessione privilegiata tra gli artisti e l’inconscio: bastì pensare al suo studio su Leonardo Da Vinci.


L’arte sarebbe una forma superiore di sublimazione della pulsione, l’esito più creativo del necessario lavoro di compromesso, sempre sintomatico, tra le richieste dell’Es e i vincoli imposti dalla legge della Civiltà.


Foto della scrivania di Freud, piena di oggetti d'arte antica


Per quanto riguarda invece l’arte antica, la collezione di Freud vede un’importante presenza di oggetti dell’antico Egitto (quasi la metà dei 3000 reperti custoditi a Londra).


Come ricorda la pronipote di Freud: “Lavorando a fianco dei quasi 3000 oggetti d'antiquariato che Freud ha collezionato nel corso della sua vita, ho raccolto molte cose sul mio bisnonno e sul suo amore per questi oggetti. Dal momento che desiderava raccogliere più di una copia di ciascun oggetto, li collocava anche sulla sua scrivania in modo tale da avere pochissimo spazio per scrivere e mostrare i suoi libri.”


Nel corso della sua vita, Freud si è interrogato più volte sul forte influsso che le opere d'arte sono in grado di avere su coloro che le ammirano. Nel suo testo sul "Mosè di Michelangelo" (1913), Freud afferma:


"Le opere d’arte esercitano una forte influenza su di me, specialmente la letteratura e le arti plastiche, più raramente la pittura. Sono stato indotto perciò a indugiare a lungo di fronte a tali opere ogni volta che mi si offriva l’occasione; volevo capirle a modo mio, cioè rendermi conto di come agiscono. Dove questo non mi è possibile, per esempio nella musica, sono quasi incapace di godimento."


Osservare ed essere collezionista di opere d'arte costituisce una vera e propria forma di godimento, la cui radice, sottolinea, Freud, è di natura sessuale.


Come possiamo vedere, la dimensione di ricerca e quella personale si uniscono in un legame indissolubile, un intreccio che lega l'uomo allo psicoanalista.


Vista d'insieme dello studio di Freud, impreziosito dagli oggetti della collezione.


Tra gli oggetti d’arte collezionati da Freud, vi erano anche numerosi cammei, raffiguranti divinità ed eroi dell’antichità classica: molti di questi oggetti, montati su anelli d’oro, furono donati da Freud ad alcuni dei suoi discepoli ed allievi più fedeli, come raccontato in questo articolo.


Gli oggetti oggi conservati a Londra provengono, in grandissima parte, dalla casa viennese di Freud, abbandonata nel 1938, alcuni mesi dopo l'ingresso dei nazisti tedeschi in Austria. Ne abbiamo parlato qui.

La ricca biblioteca personale di Freud

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