L’Es è una delle tre istanze psichiche descritte da Freud nella “seconda topica”. Insieme ad “Io” e “Super Io”, l’Es è al centro delle dinamiche inconsce della mente.
Freud sceglie di utilizzare questo pronome neutro, “Es”, seguendo l’intuizione di uno psicoanalista fuori dagli schemi, Groddeck. È infatti nell’opera intitolata “Il libro dell’Es” che per la prima volta troviamo l’uso del termine “Es” per descrivere quanto di “estraneo” all’Io è presente e attivo nella personalità umana.
Freud vede nell’Io una differenziazione dell’Es: è a partire dal contatto con il mondo esterno che l’Io emerge e si distingue dall’Es, facendo come da “intermediario” tra mondo interno e mondo esterno.
Sostiene Freud:
“Sforzandoci di fornirne una rappresentazione grafica, aggiungeremo che l'Io non avviluppa interamente l'Es, ma solo quel tanto che basta a far si che il sistema P formi la sua superficie (dell'Io), e cioè più o meno come il disco germinale poggia sull'uovo. L'Io non è nettamente separato dall'Es, ma sconfina verso il basso fino a confluire con esso.”

Possiamo dire che l’Es è al centro della “rivoluzione” che la psicoanalisi imprime alla conoscenza dell’uomo; Freud ne è così convinto da affermare:
“Se si accetta la distinzione, recentemente da me proposta, in base alla quale l'apparato psichico si scompone in un Io rivolto verso il mondo esterno e dotato di coscienza, e in un Es inconscio e dominato dai propri bisogni pulsionali, la psicoanalisi dovrà essere definita come una psicologia dell'Es (e degli influssi dell'Es sull'Io).”
Cosa intendiamo quindi per “Es”? In termini generali, l’Es è descritto come la sede delle pulsioni inconsce; per rappresentare la dialettica tra “Io” ed “Es”, Freud utilizza la metafora del cavaliere:
“L'Io può quindi essere paragonato, nel suo rapporto con l'Es, al cavaliere che deve domare la prepotente forza dcl cavallo, con la differenza che il cavaliere cerca di farlo con mezzi propri, mentre l'Io lo fa con mezzi presi a prestito. Si può proseguire nell'analogia. Come il cavaliere, se non vuole essere disarcionato dal suo cavallo, è costretto spesso a ubbidirgli e a portarlo dove vuole, cosi anche l'Io ha l'abitudine di trasformare in azione la volontà dell'Es come se si trattasse della volontà propria.”

E nelle tre strutture? Quale ruolo possiamo assegnare all’Es nella nevrosi, nella psicosi e nella perversione?
Nella nevrosi, è proprio l’eccesso di rimozione dell’Es alla base della sofferenza; al di là di ogni conformismo, l’Es non è riducibile a mero ricettacolo delle pulsioni più primitive. Piuttosto, l’Es è anche la sede del desiderio inconscio del soggetto. La rimozione del desiderio, per privilegiare le istanze della Civiltà, è infatti la base depressiva di ogni nevrosi. Nell’inconscio troviamo quindi una “ragione inconscia” che è necessario far emergere e realizzare.
Nella psicosi invece il soggetto è sotto assedio e la pulsione emerge dal luogo dell’Altro nella forma di una vera e propria persecuzione. Se nella nevrosi il soggetto è catturato da una divisione dialettica, nella psicosi la ricerca di unità si traduce nel rifiuto integrale della pulsione, rigettata all’esterno. L’effetto è l’irrompere devastante e caotico della pulsione in forme estranee ed inquietanti, come nel fenomeno allucinatorio. La forclusione del simbolico lascia spazio al proliferare sregolato della pulsione, rendendo caotico il rapporto col corpo e col mondo esterno.
Nella perversione invece possiamo individuare una sorta di fusione tra “Io” ed “Es”: le istanze della pulsione divengono l’unica spinta del soggetto, che vive ogni altra coordinata come irrilevante. È nel godimento e nella realizzazione integrale della pulsione che il soggetto perverso trova il senso del proprio agire. È quindi in gioco una nuova forma della legge e del sapere, che trova fondamento solo nella propria volontà di godimento. Ne è un esempio paradigmatico “La filosofia nel boudoir” del Marchese de Sade.

Per approfondire:
Sigmund Freud – “L’Io e l’Es” (1922);
Marchese de Sade – “La filosofia nel boudoir” (1795);
Groddeck – “Il libro dell’Es” (1923).
Il concetto di “Es” e di “inconscio” non sono riducibili al mero “irrazionale” o “primitivo”, come poi affermato dalla Psicologia dell’Io di Anna Freud. L’essenza dell’opera di Freud e di reperire nell’inconscio del soggetto una ragione inconscia che non ha avuto modo di dispiegarsi apertamente, al prezzo di trovare una qualche forma di realizzazione parziale nella nevrosi.
Facendo emergere il desiderio inconscio del paziente, l’analisi permette al soggetto di riprendere in mano il filo della propria vita.
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